ADIÈZ.
- LUDD
- 2 dic 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Se ne va una delle icone sportive, ma anche sociali, del ventesimo secolo.

"Mi chiese dove volevamo fare l'intervista e con l'operatore avevamo già studiato un angolo del divano con la luce migliore. "Vuoi fare un'intervista normale o speciale?" mi chiese. Senza darmi il tempo di una risposta prese dal tavolo un arancia e si mise a palleggiare da seduto."
Diego Armando Maradona è, da un po' di tempo a questa parte, un argomento piuttosto scivoloso.
Fenomeno sportivo, fenomeno sociale, fenomeno umano, Maradona è un poliedro in cui ogni faccia rischia di contraddire la precedente. Inquadrare il Dieci argentino in tutte le sue sfaccettature significa mettere in conto la possibilità di far risaltare le sue virtù e ingrandire i suoi vizi sotto una lente d'ingrandimento forse troppo invasiva, col rischio di fare di questo personaggio un mito oltre il mito o, al contrario, una grottesca caricatura.
Io non ho l'equilibrio necessario per affrontare il tema in maniera oggettiva e distaccata.
D'altra parte sentivo forte il bisogno, comunque, di celebrare un calciatore che per molti anni ha fatto trasalire me e la quasi totalità degli appassionati di calcio con i suoi straordinari gesti e il carisma che distingue il campione vero e sempiterno da un Ronaldo qualunque.
Quindi, per una volta (una prima volta ma chissà...), ho chiesto a una persona che mi è vicina come un fratello di regalare a me e a tutti voi un suo ricordo di Diego Armando Maradona.
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"Il ricordo è di un sogno lontano nel tempo e, come tutti i sogni lontani nel tempo, i contorni sono sfumati, ma non annebbiati; le immagini appaiono e scompaiono ma restano nitide, le parole, le voci, i racconti si riducono all'essenziale e l'essenziale rimane per sempre.
Il Napoli aveva vinto il secondo scudetto quando decisi che volevo intervistare Diego Armando Maradona. Lavoravo a Canale5 ed ero quello che si dice un "giovane di bottega".
Attivai tutte le strade possibili ma senza risultati.
Alla fine provai direttamente ad uno dei numeri che mi aveva fatto avere un amico.
L'intervista venne fissata per un giorno della settimana a seguire alle 12 a casa di Maradona.
Mi presentai ovviamente un'ora prima con la troupe e lui si presentò in salone un'ora dopo.
Lo ricordo bene perchè era "solo" un'ora di ritardo.
Del resto non ricordo quasi nulla salvo tre cose.
Mi chiese dove volevamo fare l'intervista e con l'operatore avevamo già studiato un angolo del divano con la luce migliore.
"Vuoi fare un'intervista normale o speciale?" mi chiese.
Senza darmi il tempo di una risposta prese dal tavolo un'arancia e si mise a palleggiare da seduto.
"Tu fammi le domande io ti rispondo senza far cadere l'arancia. Prendi tutto il tempo che vuoi".
Per più di 20 minuti l'arancia non toccò mai terra .
Me lo passò alla fine dell'intervista con un tocco di tacco... sempre da seduto.
La seconda cosa che ricordo è quando gli chiesi quale fosse la sua canzone preferita.
"Quello che le donne non dicono di Fiorella Mannoia".
Se ne raccontano tante sul rapporto di Maradona con le donne, qualcuno ha sparato ultimamente che ne abbia avute più di 10mila.
Non voglio entrare nel merito, non voglio urtare la suscettibilità di nessuno, ma quella risposta mi lasciò una volta di più senza parole.
Il terzo nitido ricordo è quando azzardai a chiedergli se gli andava di andare a fare due palleggi al San Paolo.
Non era giornata di allenamento ma senza pensarci su due volte accettò incredibilmente la proposta.
Sali con noi sulla Espace della troupe e la sensazione di girare una Napoli ancora in festa con immagini, scritte e striscioni in gran parte dedicati a lui è qualcosa di veramente magico nei ricordi.
Credo di non aver detto niente durante il tragitto, mentre lui ascoltava la sua musica guardando dal finestrino lo spettacolo che i tifosi avevano allestito da giorni per lui.
Uscimmo sul campo dal sottopassaggio dietro la porta e senza bisogno di alcuna sollecitazione cominciò a palleggiare.
Il pallone c'era e non c'era, sembrava lo potesse fare apparire e scomparire in qualsiasi momento.
Speravamo non finisse mai.
Ma dopo un po' finì, scendemmo da dove eravamo saliti e risalimmo in macchina per riaccompagnarlo a casa.
In teoria nessuno, tranne noi, sapeva che Maradona quel giorno e a quell'ora stava al campo per girare un'intervista.
Ma quando uscimmo con la macchina fuori dal sottopasso un mare di gente ci stava aspettando; gente ovviamente in festa ma non si riusciva più a fare un metro.
Lo incontrai tempo dopo nello spogliatoio dell'Olimpico dopo un Roma Napoli.
"Non hai messo tutto il palleggio con l'arancio nell'intervista" mi disse sorridendo.
Se ne sentono tante in questi giorni su Diego Armano Maradona.
L'uomo, il giocatore, se le due cose siano o meno scindibili.
Senza entrare nel merito di un discorso complicato che ci porterebbe molto oltre, preferisco ricordare questo immenso fenomeno cosi: una telefonata, un appuntamento, un'intervista vissuta come un sogno e un palleggio divino.
Che fosse un arancio o un pallone."
Eugenio de' Paoli
Giornalista, ex direttore di RaiSport.
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